Spesso, nella vita, anche non essendo esperti di comunicazione e marketing ci ritroviamo a sentire questa parola: Brand.
Affidandoci alla traduzione letteraria del termine dall’inglese, la parola Brand si tradurrebbe con “marchio”. Secondo la definizione dell’AMA (American Marketing Association) il Brand è il nome, lo slogan, il termine, il simbolo, il disegno o una combinazione di questi elementi, che distingue un produttore da ogni altro. Rappresenta quindi l’identità unica di un azienda all’interno del mercato.
Ma siamo ancora lontani dal comprendere cosa rappresenti il Brand nella sua più intima essenza. Se in origine la parola significava l’identità unica dell’azienda all’interno del mercato, oggi la sua valenza va ben oltre.
Cosa significa Brand oggi? Più che di Brand sarebbe meglio parlare di Branding, facendo riferimento a un’azione duratura nel tempo, dove si identificano l’insieme di attività strategiche e operative che continuamente contribuiscono alla costruzione della marca. Nel Branding vengono scritti gli obiettivi di un’azienda e non solo la grafica di un logo, che nel tempo può variare.
Queste sono le fasi principali - e più importanti - del piano di comunicazione di un’azienda: il logo è il manifesto del Brand, è la sintesi più rappresentativa dei valori e del messaggio che l’azienda stessa vuole trasmettere sul mercato di riferimento.
Per questo motivo, progettare un marchio è come scrivere una storia: ogni Brand è un racconto di emozioni, è espressione di una precisa filosofia, di emozioni e desideri specifici, che l’azienda veicola attraverso il proprio logo.
Le emozioni diventano la nostra guida nel progettare un marchio: il Brand si trasforma in una persona con un suo preciso stile, una fisicità, una determinata personalità. E come tale è in grado di stimolare sentimenti precisi in chi si rapporta con lui: deve evocare stima, prestigio e riconoscibilità.
Deve avere un’identità immediatamente rilevante per il consumatore, che si deve identificare in lui, scegliendolo tra le innumerevoli altre marche presenti sul mercato, proprio per l’insieme di valori che il logo è in grado di trasmettere.
Per questo motivo, lavoriamo con metodo e precisione per costruire immagini di marca solide e memorabili, sostenute da una reason why concreta e duratura.
La comunicazione ha una storia dalle radici antichissime, che inizia dalla preistoria, continua con la nascita della scrittura in Mesopotamia e si evolve nella Grafica D’Arte dei sec XIX-XX.
Il termine Graphic Design fu utilizzato per la prima volta nel saggio del 1922 “New kind of printing calls for new design” di William Dwiggins per definire le discipline della comunicazione visiva.
Il Graphic Design è nato durante la 2° rivoluzione industriale (specialmente in Inghilterra e Francia) in seguito alla necessità di far conoscere sempre di più i propri prodotti, secondo il nuovo modello industriale.
L’inglese William Morris (ispiratore del movimento delle Arts & Crafts) fu tra i primi e più importanti artisti a realizzare decorazioni, assieme al francese Toulouse-Lautrec ed all’italiano Armando Testa, creatori di alcuni tra i primi indimenticabili manifesti pubblicitari.
La scuola tedesca del Bauhaus fu fondamentale per l’affermazione del design come disciplina riconosciuta anche a livello accademico. Figura fondamentale e fondatore fu Walter Gropius, che reclutò personalità di spicco delle arti visive come Laszlo Moholy-Nagy, Marcel Breuer e Herbert Bayer.
Nel secondo dopoguerra ci fu un’esplosione di creatività, incoraggiata anche dal pubblico di addetti ai lavori dell’Arte Contemporanea. New York, e l’America in generale, ebbero in questo periodo un a rilevanza fondamentale per l’evoluzione della disciplina. I designers più famosi di questo biennio furono Saul Bass, Alvin Lustig e William Bernbach.
Il mondo dell’arte tra gli anni 60 e 80 si ibrida indissolubilmente con quello della Grafica, al punto che artisti come Andy Warhol, Roy Lichtenstein e Robert Rauschenberg fondano la loro pratica artistica su immagini provenienti dal mondo commerciale. In America la psichedelia ebbe una forte influenza sulla produzione di Flyer dedicati a concerti e riviste di settore, ma non influenzò particolarmente il design mainstream.
In Svizzera, una nuova generazione di designers, stanca del rigore (e della prevedibilità!) della loro scuola nazionale iniziò a creare soluzioni inaspettate, ricercando sempre un maggior dinamismo degli elementi compositivi. Di questo periodo sono i designers Paul Rand, Stefan Kanchev e Massimo Vignelli.
Dagli anni 80, l’utilizzo dei pc rivoluziona completamente i modi e le pratiche della comunicazione. Molti procedimenti manuali cadono in disuso, le tempistiche si accorciano considerevolmente e in qualche modo decade la vecchia concezione di grafico come artigiano, proiettandolo in una decade intrisa di tecnologia, immediatezza e pulizia visiva.
Negli anni 90 una New Wave di giovani graphic designers s’infrange sulla vecchia scuola, spazzando via il rigore tradizionalmente inteso. Fanno la loro comparsa sulla scena le composizioni tipografiche di David Carson, il tratto di Stefan Sagmeister e i font innovativi di Neville Brody, designer indissolubilmente legato alla rivista Fuse.
Attualmente il Graphic Design è una disciplina polivalente che, facendo tesoro di un secolo di sperimentazioni e tentativi, può aiutare a comprendere e prevedere (e, in alcuni casi, dominare) gli stili e le forme di comunicazione contemporanee.